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I Vini di Emilio Bulfon

18 Aprile 2021

Un mese fa ho ricevuto una proposta di scoprire, assaggiando, alcuni vitigni autoctoni friulani. Queste sono le cose che mi fanno entusiasmare di più: sapori sconosciuti, tradizioni antichi, abbinamenti tutti da provare, uscendo fuori dagli schemi.  Amo il vino, e, naturalmente, ho accettato con grande entusiasmo, e poco dopo mi sono arrivati i vini di Emilio Bulfon, un’azienda friulana che ha concentrato la propria attività sulla scoperta di antichi vitigni autoctoni dimenticati. 

Appena sarà possibile, andrò a fare visita in cantina, e sicuramente riuscito a scoprire molto di più, ma per ora vi riporto il racconto dell’azienda più generico, e in fondo al post le mie degustazioni.

Situata nell’area pedemontana della provincia di Pordenone, immersa tra boschi, colline e le rive del fiume Tagliamento, uno dei più antichi corsi d’acqua d’Europa, l’azienda vitivinicola I Vini di Emilio Bulfon si estende con i suoi vigneti nel territorio che comprende i comuni di Castelnovo del Friuli e Pinzano al Tagliamento, su una superficie in parte collinare, costituita da 16 ettari di cui 11 coltivati a vigneto esclusivamente di varietà autoctone friulane recuperate.

Cuore della filosofia aziendale è infatti la riscoperta di antichi vitigni friulani coltivati per secoli sulle colline del Friuli Occidentale. Antichi vitigni che fino a una quarantina d’anni fa sembravano scomparsi, fagocitati dai rovi e dall’incuria degli uomini, ma che la passione di Emilio Bulfon, con l’aiuto di Noemi e dei figli Lorenzo ed Alberta, ha fatto rinascere a nuova vita. Con il supporto degli esperti ampelografi dell’Istituto Sperimentale di Conegliano, i vitigni sono stati individuati, selezionati e reimpiantati.

Il centro del lavoro di Emilio Bulfon, scopritore di queste varietà autoctone, è rappresentato dalla volontà di perseverare nella valorizzazione e nella tutela di questi vitigni, accanto ai capisaldi dell’attività vitivinicola: la cura costante dei vigneti, il miglioramento e l’affinamento della qualità dei vini ottenuti e l’accoglienza in cantina.

Emilio Buffon è un eclettico, ma la sua vera passione è per l’uva. “Già mio nonno e poi mio padre – racconta – coltivavano la vite e facevano il vino. Praticamente si può dire che sono nato e cresciuto in cantina”.

Dopo aver avviato in una delle sue aziende agricole l’impianto sperimentale di 24 vitigni autoctoni friulani, Bulfon ha ottenuto numerosi riconoscimenti istituzionali, culminati con la pubblicazione del libro “Dalle colline spilimberghesi nuove viti e nuovi vini” (scritto con Ruggero Forti e Gianni Zuliani) dove per la prima volta figurano le schede ampelografiche delle principali varietà recuperate: Piculìt Neri e Forgiarin a bacca rossa, Sciaglìn e Ucelùt a bacca bianca.

Una ricerca che è continuata in seguito con il recupero di altre cultivar, un tempo presenti nell’area pordenonese e in via d’estinzione: è il caso della varietà bianca Cividin e delle rosse Cordenossa e Cjanorie, selezionate e coltivate ormai da decenni nei vigneti dell’azienda a Valeriano. Tutte le varietà sono state ufficialmente riconosciute e iscritte nel “Catalogo nazionale delle varietà di viti” nel 1991 e dal 2003 autorizzate per essere coltivate a Pinzano al Tagliamento, Castelnovo del Friuli e Forgaria nel Friuli.

“La nostra sfida di competitività in mercati affollati – spiega Lorenzo Bulfon, da alcuni anni entrato in attività con la sorella Alberta – ha puntato sulla qualità di prodotti assolutamente originali, che sono elementi integranti di questo specifico territorio pedemontano. Abbiamo dedicato la nostra vita a “resuscitare” vitigni scomparsi e, anche se a volte può risultare difficile, vogliamo restare coerenti con il nostro stile”.

L’azienda promuove non solo i vini, ma anche il ricco patrimonio di storia ed arte del territorio. Non a caso il logo dell’azienda e l’etichetta dei vini, ormai inconfondibile, traggono spunto da un particolare di un affresco di origine medievale, presente nella Chiesa di Santa Maria dei Battuti di Valeriano, raffigurante “L’Ultima Cena”.

L’azienda cerca infatti di coniugare le innovazioni tecnologiche in campo enologico con la valorizzazione del territorio: immersa nel verde, dispone di una moderna cantina, un punto vendita, un’ampia sala degustazione con una raccolta etnografica ed offre a chi volesse pernottare e fare una prima colazione anche un alloggio agrituristico. “Quando ho deciso di avviare la mia attività di ricerca – conclude Emilio – l’ho fatto per il nostro territorio, per salvaguardare una delle sue tipicità, che sono nel vino, nella gastronomia e nell’arte. Per godere appieno della pedemontana pordenonese, una realtà che vale davvero la pena di riscoprire”.

   

Blanc de rugel
Colore: giallo paglierino pallido con riflessi verdognoli
Naso: fresco, mela verde, menta selvatica
Bocca: erbe selvatiche, rosmarino, menta, note speziate e anche piccantine

Abbinato alla faraona con le mele e asparagi

    

Bulfon piculit neri
Colore: rosso rubino
Naso: frutta rossa, prugna, cannella, visciola selvatica
Bocca: tanta visciola! Avvolgente, caldo, speziato, vaniglia, legno, leggermente tannico

Abbinato ai salumi e formaggi

   

Sciaglin
Colore: giallo pallido
Naso: profumi di fiori bianchi, erbe selvatiche
Bocca: aromatico e fine, agrume delicato, limone candito

Abbinato a spaghettoni con bottarga fresca di rombo

   

Cividin Tre Venezie
Colore: giallo paglierino chiarissimo con riflessi verdognolo
Naso: mela verde, minerale, ribes nero, fiori bianchi
Bocca: spiccata acidità, agrume, frutta polpa bianca, sapido

Abbinato a mezzi paccheri con tonno, capperi e pomodorini di piennolo

     

Refosco dal peduncolo rosso
Colore: rosso rubino
Naso: frutti rossi, erba, peperoni, nota verde, pepe dolce
Bocca: secco, leggermente balsamico, tannino giovane che svanisce velocemente

Abbinato ad anatra glassata con salsa all’arancia, carote all’aglio e le erbe