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Sant’Angelo d’Ischia, un’assaggio del Paradiso – 1

11 Settembre 2008

Se Ischia, ovvero Pithecusa, che vuol dire “isola delle scimmie”, chiamata così dagli antichi greci, è paragonabile ad una preziosa collana fatta di montagne verdi, caldi sorgenti termali e paesini pittoreschi, Sant’Angelo è niente meno che la sua punta di diamante, un antico borgo dei pescatori, trasformatosi magicamente in una bellissima località “in” per pochi prescelti. “Pochi” perché il borgo è più facilmente raggiungibile da mare (beato chi ha una barca!) che da terra, dove l’unica strada che scende nel paese fu costruita soltanto qualche decina di anni fa. Per accontentare il turismo d’élite, le colorate casette dei pescatori, attaccate sul pendio come ostriche, diventarono numerosi alberghi e pensioni con una vista spettacolare sul panorama da togliere il fiato.
Una chiesa, all’epoca sita sull’isolotto di fronte al paese e dedita al culto dell’arcangelo S. Michele, l’angelo protettore, che diede il nome a questo villaggio, ma un centinaio di anni fa la statua del santo fu trasportata dalla vecchia chiesetta, oramai derelitta, in una nuova parrocchia proprio a Sant’Angelo, dove ogni anno il 29 settembre si svolge la festa di San Michele, profondamente sentita da tutti gli abitanti. I festeggiamenti durano due giorni, duranti i quali la statua viene portata in mare su una barca addobbata e illuminata a giorno, accompagnata dalle numerose imbarcazioni di pescatori e turisti. E poi sulla Piazzetta davanti al porto si svolge il resto: fuochi d’artificio, musica, canti e balli fino alle ore piccole.

In quell’isolotto di origine vulcanica, collegato al paese da una striscia di sabbia, grazie alla quale fu possibile creare un piccolo porticciolo, non c’è stata solo la chiesa. Durante il periodo Aragonese sulla sua cima venne costruita una torre d’avvistamento che in seguito divenne il fortino, ma che ora è soltanto un mucchio di ruderi non visibili dal paese. Il porticciolo è costituito soprattutto da banchine di legno galleggianti, ma è capace di ospitare barche fino a 25 metri, ovviamente solo dalla parte più esterna e profonda. A causa della sua ridotta capacità durante la stagione estiva è sempre pieno, ma se non c’è lo scirocco si può ormeggiare tranquillamente in rada, di fronte alle Fumarole. Tra l’altro il maestralotto che si alza puntualmente intorno alle due del pomeriggio, non disturba e cala al tramonto.

 

A proposito della Piazzetta: qui è più famosa di quella di Capri! Bellissima, curata, piena di tavoli dei bar e contornata dalle boutique chicchettose (quella dei coralli è una vera meraviglia!..), è il centro della vita culturale e, naturalmente, è il luogo degli incontri. Ma la vera chicca di Sant’Angelo è “ La Tavernetta”, che in parte si affaccia sulla Piazzetta, ma che con la sua veranda fiorita si specchia completamente nelle tranquille acque del porticciolo. Locale completo a 360 gradi dove si può prendere un caffè al mattino, leggendo comodamente il giornale sotto la tettoia di canne, fare un delizioso spuntino a mezzogiorno, prendere un’ottimo aperitivo al tramonto contornato dai gustosissimi stuzzichini, cenare a lume di candela a suon di canzoni rigorosamente napoletane oppure sorseggiare qualcosa dopo cena nella calda e rilassante atmosfera creata dal Pirata, il simpatico proprietario de “La Tavernetta” con l’immancabile lunga bandana nera in testa.

Egli farà deliziare il vostro palato con le vere pizzette napoletane e con i cubetti di provola affumicata marinata nell’olio con le cipolle per accompagnare i cocktails, ma se volete abbandonarvi ai piaceri della buona tavola, fatevi coccolare a cena con una ricca sfilza di antipasti, preparati ad arte: verdure, formaggi, olive, frutti di mare e pesci fritti o marinati.
Proseguite con le penne alla Pirata, condite abbondantemente con pomodorini, provola, olive, capperi, cipolle e basilico o con le linguine all’aragosta per poi passare alla padellata di alici, ai polipetti affogati o ai pesci nobili preparati in vari modi. I vini? Pochi ma rigorosamente ischitani: “Biancolella”, “Frassitelli”, ”Kime”,”Forastera” ecc.
E comunque a Sant’Angelo è impossibile mangiare male, che andiate a “Lo Scoglio” per gustare degli ottimi spaghetti alle vongole, un perfetto risotto alla pescatora, una saporita zuppa di cozze o – perché no? – un coniglio all’ischitana; al “Neptunus” ordinate i carpacci di crudo e i paccheri ai frutti di mare; o semplicemente fermatevi in piazzetta per mangiare una delizia al limone o una croccante sfogliatella.

Nonostante sia cucina isolana, quindi, di prevalenza marinara, il simbolo della gastronomia ischitana è un piatto di terra, coniglio all’ischitana, appunto. Un coniglio particolare, certo, di razza locale, piccolino ma saporito, sopratutto se allevato all’antica, cioè, nelle fosse dove può mangiare l’erba e scavare come se fosse allo stato brado. Pochi aromi, una decina di pomodorini, un bicchiere di vino, insomma, una ricetta quasi banale se non fosse per l’aggiunta della pipernia, un erba aromatica selvatica simile alla maggiorana che dà quel tocco particolare al piatto. Ma vogliamo mettere anche un coniglietto ad hoc, dei saporiti pomodorini a grappolo, un profumato vino locale, ed infine l’aria buona e la mano sapiente?.. Bene, le premesse sono queste ma nulla ci impedisce di provare lo stesso!